Catania celebra Sant’Agata tutto l’anno, ma nei giorni clou della Festa dal tre al cinque febbraio di ogni anno, la città stravolge il suo aspetto per rendere onore alla sua patrona. Ecco alcune curiosità su una delle Feste più famose al mondo.
La vara
Durante la processione il busto reliquiario e lo scrigno in argento della Santa sono portati in giro per le vie della città a bordo del fercolo (in catanese “vara”). L’attuale vara fu costruita nel 1518 dall’artista orafo Vincenzo Archifel interamente in argento. Il movimento del fercolo è garantito da quattro ruote e soprattutto dalla forza dei devoti che tramite due cordoni lunghi 130 metri lo trainano. Pare che in origine al posto delle ruote vi fossero come dei lunghi sci e pare anche che la tradizione della cera davanti al fercolo servisse a facilitare lo scivolamento di questi pattini sulle basole laviche.
Il fercolo oltre a essere finemente decorato è addobbato con decorazioni floreali. I fiori sono sempre garofani, ma il loro colore cambia: rosa il 4 febbraio e bianchi il 5, il giorno del martirio.
Lo scrigno e il busto reliquiario
Le reliquie di Sant’Agata furono trafugate a Costantinopoli nel 1040 dal generale bizantino Giorgio Maniace: la festa di Sant’Agata d’estate, il 17 agosto, ricorda proprio il rientro delle stesse a Catania nel 1126 per mano di due soldati dell’esercito bizantino. Oggi sono conservate in diversi reliquiari, di diversa fattura perché realizzati in epoche differenti, all’interno di uno scrigno interamente d’argento, realizzato in stile gotico sul finire del XV secolo dall’artista Angelo Novara. Il coperchio, invece, è dello stesso artista che realizzò la vara. Anche il busto reliquiario fu realizzato interamente in argento nel 1376 dall’artista Giovanni Di Bartolo.
Mentre lo scrigno custodisce braccia e mani, gambe e piedi, femori, mammella e santo velo, all’interno del busto sono conservati il teschio della santa catanese e la cassa toracica. Il busto è ricoperto da oltre 300 gioielli ed ex voto; fra questi citiamo la corona che cinge il capo di Agata (un dono di re Riccardo Cuor di Leone di passaggio a Catania al rientro da una Crociata), due grandi angeli in argento posti ai lati del busto stesso e il collare della legion d’onore francese appartenuto a Vincenzo Bellini.
L’abito dei devoti
Durante i giorni di festa, i devoti di Agata indossano un saio bianco (detto saccu) stretto in vita da un cordone monastico bianco, una papalina nera (chiamata scuzzetta), fazzoletto e guanti bianchi.
Secondo la tradizione, al rientro delle reliquie della Santa, il vescovo uscì in processione per la città a piedi scalzi, con le vesti da notte, seguito dal clero, dai nobili e dal popolo che richiamati dal suono delle campane si riversarono in strada. A questo si fa risalire l’origine dell’abito tradizionale che indossano i devoti. La leggenda è piuttosto radicata, sebbene l’uso della camicia da notte risalga al 1300. Un’altra leggenda lega l’abito bianco al precedente culto pagano di Iside. La tradizione storica, invece, indica che l’abito votivo sia un saio penitenziale, o una tunica bianca come simbolo della purezza, indossata dai soldati che riportarono a Catania da Costantinopoli le reliquie di Agata.
L’illuminazione
Tutte le strade battute dalle processioni agatine e le vie principali del centro storico di Catania vengono “apparecchiate” con illuminazioni artistiche, i cui motivi ornamentali sono modificati ogni anno.
Il punto più suggestivo per ammirare le luminarie è sicuramente la via di Sangiuliano alla cui sommità viene realizzato un grande pannello (la larghezza è pari a quella della carreggiata), raffigurante una scena della vita di Agata attraverso un grande mosaico di luci. Anche in questo caso il motivo è diverso di anno in anno.
Ph Salvo Puccio