Sotto le strade della città di Catania scorre il fiume Amenano.
Insieme al Simeto era una delle principali fonti di acqua corrente per gli antichi e oggi è divenuto uno dei simboli del capoluogo etneo.
Il suo nome deriva dalla divinità fluviale adorata dagli antichi greci, Amenano appunto, solitamente raffigurata con le sembianze di un toro e la testa di un giovane uomo. Originariamente il fiume scorreva dal viale Mario Rapisardi sino ad arrivare a piazza Santa Maria di Gesù per poi andare ad alimentare il Lago di Nicito. Il fiume proseguiva, ancora, fino al Monastero dei Benedettini per dividersi in tre bracci: uno verso la nota Pescheria, uno verso il Teatro Romano e piazza Duomo e uno sotto il monastero di San Giuliano e le Terme Achilliane. Per tutto il Medioevo il fiume scorreva in superficie e fino al XIX secolo era conosciuto con il nome di Judicello poiché attraversava il quartiere ebraico, la zona della giudecca.
Il fiume, fiore all’occhiello della città di Catania, rimase visibile nella sua interezza solo fino al 1669 quando una delle più imponenti colate laviche della storia del catanese cambiò profondamente la morfologia del territorio etneo: la roccia nera seppellì il Lago di Nicito e l’Amenano stesso.
Ma l’Amenano è un fiume (resistente?ostinato?), ed essendo a corso perenne riuscì a scavarsi una nuova strada per raggiungere il mare.
Ad oggi il fiume può essere visto scorrere prepotente nella centralissima piazza Duomo, incorniciato da una fontana realizzata dallo scultore partenopeo Tito Angiolini nel 1867. Costruita per rendere omaggio alla forza di questo fiume sopravvissuto all’aggressività della lava, la fontana, interamente in marmo di Carrara, è composta da una grande conchiglia ribaltata su cui si trova la divinità in forma umana. La statua sorregge una cornucopia, simbolo di fertilità, traboccante di acqua che viene raccolta dai due tritoni sottostanti per poi riversarsi direttamente nel corso del fiume. Quest’ultimo passaggio crea un particolare effetto a cascata simile ad un lenzuolo, il fenomeno è così particolare da essere stato battezzato dai catanesi con il termine “acqua a linzolu”.
La fontana quindi chiude perfettamente la vista prospettica di Piazza Duomo, dando le spalle alla scalinata in pietra lavica che conduce “a pischiria” dove si può ammirare un altro breve tratto del fiume nella Fontana dei Sette Canali, una delle più antiche della città, racchiusa in un’ampia volta scavata nelle fondamenta del Palazzo del Seminario dei Chierici.