Quando si viene in Sicilia, in particolare a Catania, tra le tante cose da fare e da vedere ce n’è una a cui proprio è impossibile rinunciare: mangiare la granita.
Si tratta di un vero e proprio rito, vissuto come tale, non solo da chi viene a visitare la nostra terra, ma anche e soprattutto dagli stessi siciliani.
Questo famoso prodotto dolciario affonda le proprie radici nella dominazione araba e nel corso dei secoli si è evoluto, in particolar modo nel versante orientale dell’Isola, per diventare una delle eccellenze gastronomiche siciliane.
Ma vi siete mai chiesti com’è nata la granita? Furono gli arabi ad importare in Sicilia lo “sherbet”, una bevanda ghiacciata aromatizzata alla frutta, nonchè l’antenata dell’attuale granita.
Con il passare degli anni, i territori in cui maggiormente si radicò questa tradizione furono quelli più vicini all’Etna. Perché? Il motivo è presto spiegato, era il vulcano a fornire la materia prima per la preparazione della granita: la neve.
La neve era fondamentale per la vita dei siciliani di un tempo che doveva essere tutt’altro che facile. Spesso infatti erano costretti a patire il gran caldo che faceva sull’Isola. Con il frigorifero che era un lusso di pochi, per non parlare dell’aria condizionata che ai tempi nemmeno si sapeva cos’era, l’unica speranza di refrigerio era rappresentata dai cosiddetti “nivaroli”.
Questo bizzarro nome deriva dalla mansione che svolgevano ogni inverno. I nivaroli infatti si occupavano di raccogliere la neve dell’Etna, conservandola in delle apposite costruzioni in pietra, le neviere. D’estate, quando il caldo si faceva insopportabile, i nivaroli portavano a valle il ghiaccio e le famiglie che se lo potevano permettere lo acquistavano, riponendolo nelle parti più fresche della casa. Nei giorni più caldi il ghiaccio veniva prima grattato e poi condito con il succo di limone così da diventare un bevanda ghiacciata.
La svolta però arrivò più tardi, nel XIV secolo, quando qualcuno ebbe la geniale intuizione di utilizzare la neve, non come ingrediente, ma come vero e proprio refrigerante. L’idea fu mischiare la neve al sale marino. Vennero quindi creati dei pozzetti di legno con all’interno un secchiello di zinco, che poteva essere girato con una manovella. Nello spazio creatosi tra il legno e il metallo venne riposta la neve mista al sale, coperta da un sacco di juta per non disperdere il calore.
Nel secchiello di zinco venivano mescolati acqua, succhi di frutta e zucchero. Il movimento rotatorio del catino impediva la formazione di cristalli di ghiaccio troppo grossi. Da allora non è più cambiato nulla: il pozzetto è stato sostituito dalla moderna gelatiera, ma la preparazione è rimasta invariata.
Oggi in Sicilia è possibile mangiare ovunque la granita, con qualche piccola grande differenza. Nel corso del tempo infatti si è creata una netta separazione tra la parte orientale e occidentale dell’Isola, così mentre nel palermitano si consuma una granita più granulosa, nel catanese se ne predilige una versione più compatta e lavorata, più simile al sorbetto.